ho interrogato tutte le finestre
perché non fosse troppo lungo il giorno
ho atteso nelle stazioni
perché la notte non fosse troppo perduta
e ammirato tutte le gocce
ascese come sillabe dal tuo sangue marino
Ho una voce piovosa di ginestre
la chioma carica di rami e di spade
una bocca senza solitudine un delirio crepitante
la scogliera insonne di un cerchio inquieto
una città azzurra uno specchio liquido
- l’ombra pecca di vanità sentendosi stella -
e piedi sparsi sulle pietre disabitate
una luce di frumento un’acqua vaga
un fiore infrangibile i cardinali degli occhi
tre profezie un grappolo di aliun criterio
- il buio la condanna alla terra -
Nei cuori vertiginosi
navigano i mondi di tutti i tuoi baci
e le mie mani scarmigliate
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